Un recente articolo su Italia 2013 intitolato “Roma perde il treno” e firmato da Riccardo Pennisi, è simbolico per ricostruire certo ottuso atteggiamento della sinistra moderata italiana, convinta (Italia 2010) con ostinazione di star sempre dalla parte della ragione.
La tesi, esposta per punti elenco (mi sembra sia la cifra distintiva del blog), sarebbe che la famosa “Cura del Ferro”, annunciata da Walter Veltroni, stia subendo una drammatica battuta d’arresto sotto la giunta Alemanno.
Da quanto si evince dall’articolo di Pennisi sembrerebbe che il piano regolatore del 2008 – è bene ricordarlo, approvato dalla giunta Veltroni a porte chiuse – sia il meglio che Roma potesse meritare in termini di mobilità e razionalizzazione dello spazio urbano.
Naturalmente non è così, giacché il piano regolatore del 2008 e più in generale la gestione quindicennale della capitale da parte del centrosinistra, sono stati un veleno per una vita cittadina tutta riassumibile nella formula del “panem et circenses”.
Grandi eventi per le strade (strumenti anch’essi, peraltro, di spartizione delle prebende) e dietro le quinte la divisione dei pani e dei pesci, delle cariche, dei privilegi e del denaro.
Sotto la giunta Veltroni ha preso forma il progetto delle centralità per quello che s’è dimostrato essere nella realtà. Sulla carta idea necessaria, in quanto prevedeva la ridistribuzione del carico urbanistico amministrativo su più aree della periferia cittadina, creando centri autonomi di vivibilità.
Ma a colpi di varianti ed accordi di programma la verità è che in queste centralità s’è costruito troppo e senza regole, cosicché il calcestruzzo oltre che molto spesso orribile a vedersi è andato a gravare sul traffico dalla periferia al centro. Le centralità sono sorte riempiendo aree spesso vincolate ed i centri amministrativi ed i servizi sono rimasti dove stavano prima.
Secondo le stime, il piano approvato nel 2008 – proprio il giorno prima della candidatura di Veltroni alla segreteria nazionale del partito che oggi « merita rispetto » – prevede ben 70 milioni di metri cubi di edilizia residenziale in più in dieci anni.
Un carico insostenibile per la città, che proprio sotto le giunte di centrosinistra ha adottato la politica del laisser faire, che nella pratica si è tradotta in centri commerciali, palazzine e fiere; a dire, nella delega diretta della pianificazione urbanistica ai privati, e cioè ai vari Toti, Caltagirone, Cerroni, Bonifaci, Scarpellini, Ligresti, Parnasi, mediante l’applicazione di strumenti normativi straordinari riconvertiti ad uso ordinario, come l’accordo di programma.
È il caso dell’area della Bufalotta dove i fratelli Toti e Gaetano Caltagirone hanno realizzato un intero quartiere privo di servizi, che oggi pesa come un macigno sulla mobilità della via Salaria e Nomentana. Le cifre sono spaventose: 2.750.000 metri cubi di case, 5.000 in più rispetto a quelle inizialmente previste.
Oppure è il caso del centro commerciale Roma Est, per il quale è stato costruito un intero svincolo autostradale quando gli abitanti delle zone limitrofe, del comune di Guidonia Montecelio e di Lunghezza attendevano da vent’anni (ed in realtà ancora attendono) una soluzione alla difficile mobilità dell’area Tiburtina.
E poi la nuova Fiera di Roma. 300 ettari per 3milioni di metri cubi alle porte di Roma, messa al posto di un’area prima destinata agli hub commerciali di un autoporto, il cui scopo era quello di impedire ai mezzi pesanti l’ingresso all’interno della cintura del GRA.
Basta leggere uno stralcio dell’intervista rilasciata nel 2008 a Paolo Mondani di Report, dal prof. Paolo Berdini, Docente di Urbanistica dell’università di Tor Vergata, per capire come e a vantaggio di chi sia cambiata la destinazione d’uso dell’area che si trova a fianco della Roma-Civitavecchia: « in questa zona […] arrivavano i tir e poi cambiavano le merci con i piccoli vettori verso la città di Roma. Da allora il destino dell’area è diventato travolgente; […] a cavallo delle due giunte, di Francesco Rutelli e di Walter Veltroni, attraverso accordi di programma, il gruppo Lamaro » ottiene dal comune « di fare qui la Fiera di Roma […] con una plusvalenza che lascio immaginare.»
In questo meccanismo perverso e criminale la metropolitana è stata una specie di moneta di scambio fra comune e palazzinari, come vengono chiamati a Roma, per cui ad esempio i costruttori della Bufalotta per un milione di metri cubi di residenziale in più offrono al comune di Roma 80 milioni di euro per la nuova metropolitana B1, che però si stima costerà alla collettività 600milioni di euro. Oppure Lamaro Appalti, che per la LUISS di viale Romania stanzia 8milioni di euro al Comune di Roma per non aver garantito gli standard di verde e servizi previsti per legge, incassando profitti forse dieci volte più alti.
E c’è il caso della centralità dell’Anagnina/Romanina: dai 750mila metri cubi previsti nel 2003, si è arrivati a colpi di condoni ed accordi col comune ad oltre 1milione, fino alla proposta finale del costruttore Scarpellini che con 50milioni di contributo alla costruzione della metropolitana, chiede di mettere su altri 670mila metri cubi di cemento in quella zona.
Leggiamo le conclusioni di Paolo Mondani: a « Scarpellini costruire a Romanina frutterà 420 milioni di euro di guadagno netto. Se il Comune gli consentirà di realizzare 670 mila metri cubi in più il netto salirà di altri 250 milioni. In cambio di questa fortuna Scarpellini promette solo 50 milioni di euro al Comune per realizzare il prolungamento della metropolitana da Anagnina a Romanina che costerà, dicono in tecnici, 350milioni e che se realizzata farà lievitare ancora il valore dell’area».
Eccola la “Cura del Ferro”.
Per mantenere lo squallido e demagogico parallelo medico Veltroniano è come se Roma fosse un grande corpo malato, le cui cure necessarie non vengano prescritte da un medico, ma da un informatore scientifico nell’interesse della ditta farmacologica che egli rappresenta.
I tracciati delle metropolitane vengono pianificati dai costruttori, i quali con un piccolo contributo realizzano plusavalenze da capogiro. Doppie addirittura, perché da una parte il valore dei nuovi immobili aumenta e dall’altra per via delle concessioni a cascata e degli aumenti dei volumi residenziali, viene lasciato poco o nessuno spazio all’edilizia senza profitti, quella civile.
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