Nel cuore mi avanza il métro
Saltare al di là Delle porte – perché
Non sarebbe mai stata più uguale
Republique
O Parigi a Parigi
Toi même et les autres
Nella fine del mondo più secca e brutale
Fine distesa su bordi ineguali
Bevevi sigarette
Aguardiente fumavi
di colonie francesi
di colonia scadente
Uomo cattivo di Kosovo
Occhi gialli,
Marroni al bordo
Marroni gli occhiali
Ed i denti ed il loro sorriso
E le tue liste nere
Infinite
Di galere
Di kosovo
Nel nero dell’acqua.
Corale, ancora. Nuotare, ancora.
All’infinito. All’esterno.
Fino a che l’acqua non chiami altra acqua.
Stavolta dolce. Quando sulle labbra ancora si articola un abbecedario salino.
Acqua di fiume, insomma. Popolata di una foresta scura di alghe.
Marrone secco. Marrone autunno.
Ed arrivare all’insenatura. Vedere una costa che è anche argine.
Bordo.
Ed una cancellata davanti, che ci impedisce di uscire. Restiamo a mollo.
E guardiamo tre figure su una strada già vista in Grecia.
Le piantagioni fra Larisa e Thesaloniki. Il paese che vedevamo da lontano.
Irraggiungibile a piedi.
La stessa rocca. Ma Orvieto.
E gli uomini che scavano sul muro. Ed armeggiano come a drogarsi.
Scivola sul bordo.
Entra nell’acqua.
E per noi non è più il momento di uscire. Né di restare dentro.
Solo il momento di essere a mollo. Nel limbo. Nella placenta dell’acqua.
Come spettri nell’alto bosco di pini. Le ombre si aggirano.
E non sono amici. E non si riconoscono se non nei i passi, e in una forza arcana.
Luce postatomica. Luce alta sopra l’alto delle cime.
Verde oceano di chiarore. Sabbia e muschio.
Come spettri si incontrano. Schiera silenziosa di dormienti. Un istante soltanto nel sogno dell’altro.
Visi si allungano e sfumano sulla verticale.
La verticale.
Poi in ginocchio. Nelle mani il sospiro dell’albero.
Nelle mani radici come cavacciuoli. Scavare la terra. Ottenerne zolle dorate per una strampalata fabbrica di sogni.
Fissione fredda del desiderio e della memoria.
Energia incantata che la donna accanto a me innaffia.
Dietro la membrana tenue della terra la placenta della memoria.
Foto sotterranee. Suoni. Voci. Dialoghi. Immagini.
Ho perforato una marea infinita.
L’ascesso si propaga. Come il vento dal vaso di Pandora.