warburg, link
scritto giovedì 1 febbraio 2007 alle 12:44
Navigare in internet soltanto per il gusto di farlo. Partire da un punto e trovarsi improvvisamente in un altro, seguendo soltanto le associazioni di idee. Sembrano concetti recenti, un modo nuovo del sapere, fatto di ipertesti, multimedia e tecnologia. Eppure uno studioso del primo Novecento, Aby Warburg, aveva già previsto, quando allestì la sua famosa biblioteca, che il sapere del futuro avrebbe avuto un ordinamento orizzontale, privo di categorie stagne. E’ nata quasi per caso la sua biblioteca, che segue ordini associativi, priva delle tradizionali catalogazioni per autore o titolo. Un curioso episodio può aiutarci a capire meglio quale è il rapporto fra la rete delle reti e Warburg e allo stesso tempo comprendere qualcosa di più sulle origini di questo nuovo sistema di organizzazione del pensiero.
Fritz Saxl, amico dello studioso, testimonia che l'idea di fondare una biblioteca gli era stata suggerita da un'esperienza vecchia di qualche anno. Warburg si stava occupando in quel periodo di due capolavori mitologici di Botticelli. Era nella biblioteca universitaria di Strasburgo, quando si rese conto che ogni approccio puramente formale, sarebbe stato vano per comprendere in toto la mentalità degli uomini del Cinquecento. Il pensiero e la cultura erano qualcosa di ben più complesso per essere inscatolati in categorie di studio.
La sede del seminario di Strasburgo era divisa in diverse stanze separate, ciascuna delle quali conteneva una biblioteca specialistica, e lo studente era libero di usarle tutte. Warburg, percorreva le stanze in lungo ed in largo, affrontando di volta in volta temi legati all'arte, alla religione, alla letteratura, alla filosofia.
Percorreva dunque a piedi quelli che oggi noi chiamiamo link, e prese a sentire sempre più forte l’esigenza di una biblioteca che unisse tutte queste materie insieme, attraverso analogie, temi comuni e ricorrenti, associazioni apparentemente casuali.
Viene in mente un famoso passo di un autore nostrano, Italo Calvino, che in “Se una notte d’inverno un viaggiatore…” descriveva le biblioteche che ognuno di noi si porta dietro, composte da un insieme discontinuo di informazioni che finisce per creare l’integrità e l’omogeneità di una cultura personale. Warburg ebbe la forze di realizzare nel concreto di quattro pareti la sua biblioteca personale.
L’archivio ebbe originariamente sede nella casa dello stesso Warburg ad Amburgo. Ma non bastò. Nel 1909 una nuova casa ospitò la biblioteca, il 114 della Heilwigstrasse divenne così l’ultima residenza tedesca della raccolta. Locali ancora insufficienti costrinsero ad ampliare ulteriormente la struttura in un vano adiacente alla casa.
La trasformazione della Biblioteca in Istituto ebbe una prima tappa negli anni della malattia di Warburg e dei suoi ricoveri in case di cura. La seconda fu in seguito alla sua morte. La famiglia continuò ad appoggiare finanziariamente l'Istituto, ma l’epocale crisi bancaria tedesca comportò una riduzione di fondi, così come le difficoltà politiche, che costrinsero ad uno spostamento dell’immenso patrimonio librario a Londra, nel 1933.
Attualmente la fondazione esiste ancora, ed ha abbracciato quelle stesse nuove tecnologie che nei primi anni del Novecento il suo fondatore aveva in qualche modo preconizzato: un sito web ne contiene la storia (http://www.sas.ac.uk/warburg/) mentre un logo riassume il concetto di continuità del sapere. Tratto da un’edizione del De Natura Rerum di Isidoro – risalente al 1472 – esso descrive le relazioni e la continuità che nel mondo si instaura fra i quattro elementi. Terra ed acqua connesse dalla comune qualità del freddo, acqua ed aria dall’umido, aria fuoco dal caldo e fuoco e terra dall’asciutto. Un dottrina che si intreccia a filo doppio con quella degli umori di Ippocrate ad essa avvicinata anche dai riferimenti alla fisiologia umana.
Segno che la modernità non è sempre soltanto un’invenzione.