La vita bestia
scritto giovedì 5 ottobre 2006 alle 10:23La fame e la bestialità. Un uomo solo, seminudo, si muove su una pedana di piastrelle. Quattro metri quadri in tutto, per parlare della propria vita. Come se il tempo fosse spazio, un autoritratto dell’attore da giovane.
Parliamo de “La vita bestia”, testo di Filippo Timi presentato fino al 27 novembre al Teatro India, per la regia di Giorgio Barberio Corsetti, che con la sua Fattore K ha creduto in questo giovane interprete, già vincitore del premio Ubu 2004 come miglior attore under 30.
Il monologo è semplice e godibile: si tratta di una raccolta di ricordi, il cui filo conduttore è solo la voce dell’attore. Una storia di formazione come tante, che come tante parla della “tragedia” del primo amore fallito, delle insicurezze di una giovinezza vissuta da balbuziente, delle disillusioni adolescenziali. La vita condensata, a metà fra il pop e la provincia. Vita al confine fra due epoche, fra il Giappone sognato nei cartoni animati e l’orto della zia. La cultura pop degli anni ottanta affiora in salsa dialettale: la rozza dolcezza dell’umbro piace al pubblico che si riconosce nella quotidianità del parlato e nell’immaginario di un’intera generazione. Le punte espressive sono diverse: nei motti di spirito e nella vaga malinconia dei ricordi, e soprattutto nella forza allusiva dei ritratti. Ma non rari sono anche gli ammiccamenti, e lo spettacolo è un’occasione mancata.
Occasione mancata perché, dopo un esordio cupo ed affascinante, la lingua si banalizza e diventa più corriva. La parlata misteriosa dei primi minuti si chiarisce e perde il suo fascino: la promessa di un lavoro sulla parola non è mantenuta, ed il monologo si sfibra, risentendo anche dell’affezione ai brani, ostacolo al labor limae e alla tensione complessiva del racconto. Poi la scena: la regia di Corsetti si limita a far da contrappunto luministico, quando l’esordio prometteva (assieme al titolo) una dimensione sporca e brutale, ai limiti della claustrofobia. Infine i contenuti, che chiamano in ballo temi forti – come la povertà rurale italiana – ma che rimangono solo detti, senza aggiungere tasselli significativi a questa presunta “vita bestia”. Per fortuna la scena è calcata da piede sicuro, e Filippo Timi ha tutte le carte dell’attore di razza. Affabula senza compiacersi, guarda ad esempi illustri, ed è tanto magnetico da strappare applausi a tela aperta. E alla fine, sulla bilancia, pesa di più il suo talento.
visto al teatro india – Novembre 2005