archivio per Il libro dei sogni

torino

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lugduni

Mia madre è a Torino.
Ma in uno schermo diviso a metà.
Parliamo dentro un monitor.
Lì è già natale. Sentiamo i caroselli da lontano.
Entro in una chiesa.
E’ il tempietto del Bramante.
Le luci rubate a Caravaggio.
Le sedie sono in cerchio attorno all’altare.
Io ed i miei amici ci sediamo sul fondo. Unica panca dritta.
Le sedie vengono prese dagli scout.
Rossi.
Si avvicinano all’altare.
Siamo invitati a fare lo stesso.
Tutti scappano.
Io mi spoglio. Rimango in mutande davanti al prete.
Giusto il tempo di rivestirmi.
Parlare con lui che invece ignora le mie mutande rosse.
Non ricorderò mai più cosa mi abbia confessato.

terremoto

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saluto la mia donna in una mansarda.
siamo distesi. Scatto una foto alla sua migliore amica. verso il basso.
Giungo in una casa. é di un uomo. La presta a me perché conosco una sua amica.
La sua amica arriva.
Vivremo insieme.
Una sera ho anche un ospite. Una donna. Arriva e non cena, anche se dovrebbe.
Vuole solo il caffé, ed io le parlo al presente, consapevole di essere in un futuro ipotetico.
sensi sottosopra

Ma esco quasi subito sul lungomare. Dove vivrò per sempre. In una casa di cui conosco solo il salone.
Una casa vecchia del litorale laziale. Con giardino e piastrelle anni ‘60, ma proprio davanti un lungomare californiano. Anche se ombroso e grigio e forse invernale.
Scatto una foto.
Scatto una foto.
Ed un terremoto ci sorprende tutti.
L’asfalto davanti a noi è un serpente che odeggia fra la sschiuma del maremoto.
Una folla ci cammina sopra, sospinta dal moto ondoso del terreno, come surfisti dalle onde dell’oceano.
Scatto una foto.
La macchina fotografica rimane a disposizione dei passanti. Che vogliano riprendere la terra sottosopra.
Nessuno la ruba.
Nessuno ha paura. Ed io neanche.
Dal giardino alla casa, dalla casa al giardino.
Andata e ritorno. Andata e ritorno.
E Gildas, alla fine, mi chiede di che colore io voglia la mia bicicletta.

Fièvre

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Moi – que je dors -
Avec la fièvre
Transpire
Transpire
Et mon corps qui reste
Sous le suaire des rêves
Cauchemardant t’enlève
Plus haut
Il ne reste que le temps
Te bloquer
l’envolée

consumi onirici

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consumo oniricoHo comprato una macchina fotografica digitale in un monastero abruzzese. Da un monaco pazzo.
Durante un matrimonio.
Inizio a fotografare dal basso la sposa.
Ma improvvisamente l’apparecchio è al di là della navata.
E poi sparisce.

L’alimentari sotto casa ha aperto un ristorante all’angolo.
Fanno pizza cruda.
Da Modena un mio amico ritorna con una moto da centomila euro.
Avrei voluto che comprasse per sé un appartamento.

oceanofiume

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Nel nero dell’acqua.
Corale, ancora. Nuotare, ancora.
All’infinito. All’esterno.
Fino a che l’acqua non chiami altra acqua.
Stavolta dolce. Quando sulle labbra ancora si articola un abbecedario salino.
Acqua di fiume, insomma. Popolata di una foresta scura di alghe.
Marrone secco. Marrone autunno.
Ed arrivare all’insenatura. Vedere una costa che è anche argine.
Bordo.
Ed una cancellata davanti, che ci impedisce di uscire. Restiamo a mollo.
E guardiamo tre figure su una strada già vista in Grecia.
Le piantagioni fra Larisa e Thesaloniki. Il paese che vedevamo da lontano.
Irraggiungibile a piedi.
La stessa rocca. Ma Orvieto.
E gli uomini che scavano sul muro. Ed armeggiano come a drogarsi.
Scivola sul bordo.
Entra nell’acqua.
E per noi non è più il momento di uscire. Né di restare dentro.
Solo il momento di essere a mollo. Nel limbo. Nella placenta dell’acqua.

nel verde

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teste.jpg

Come spettri nell’alto bosco di pini. Le ombre si aggirano.
E non sono amici. E non si riconoscono se non nei i passi, e in una forza arcana.
Luce postatomica. Luce alta sopra l’alto delle cime.
Verde oceano di chiarore. Sabbia e muschio.
Come spettri si incontrano. Schiera silenziosa di dormienti. Un istante soltanto nel sogno dell’altro.
Visi si allungano e sfumano sulla verticale.
La verticale.
Poi in ginocchio. Nelle mani il sospiro dell’albero.
Nelle mani radici come cavacciuoli. Scavare la terra. Ottenerne zolle dorate per una strampalata fabbrica di sogni.
Fissione fredda del desiderio e della memoria.
Energia incantata che la donna accanto a me innaffia.
Dietro la membrana tenue della terra la placenta della memoria.
Foto sotterranee. Suoni. Voci. Dialoghi. Immagini.
Ho perforato una marea infinita.
L’ascesso si propaga. Come il vento dal vaso di Pandora.