Stanco della sua, artmobbing ha deciso di cambiare pelle a paris mushrooms. nella crisi della scrittura, una scusa, quella del disegno e del ghirigoro, per procastinare le parole ed allontanarsi dal foglio (se pure virtuale foglio). Qualcuno è tornato, spesso, forse sgomento per l'assenza di scrittura. altri nuovi sono sopraggiunti, forse lamentando la dispersione e considerando il tutto come relitto digitale. Cadavere di bit. ma erano comunque pochi. e vanitosi come artmobbing quando si sente bene. come ora. e allora. Paris mushrooms cambia di pelle ma non di cerebro. nelle ossa dei piedi c'è spazio per un qualche centinaio di diapositive in più. nella mente rettangoli 10*15 bordatibianchematte. e poi, forse, il ritorno – lento, ahinoi – della scrittura. perché ci vuole disciplina, e null'altro. lo disse un tale Adrien. Che forse aveva letto Festa Mobile. che forse era più metodico di quanto non lo facesse sembrare la sua giacca di pelle nera consunta e pertanto mezza grigia.
"Non preoccuparti. Hai sempre scritto e scriverai ancora. Non devi fare altro che scrivere una frase sincera. Scrivi la frase più sincera che sai". Allora scrivevo finalmente una frase sincera, e poi continuavo da lì. Era facile, allora, perché c'era sempre una frase sincera che conoscevo o che avevo visto o avevo sentito dire da qualcuno. Se cominciavo a scrivere in modo complicato, o come unmo che introduce o presenta qualche cosa, scoprivo di poter tagliare quella voluta o quel fronzolo e gettarlo via e cominciare con la prima frase semplice e sincera che avevo scritto. Su in quella stanza decisi che avrei scritto un racconto su ogni cosa che conoscevo. Cercavo di farlo per tutto il tempo che scrivevo ed era un'eccellente, rigida, disciplina.
Comprare il biglietto per un concerto. Il desco di lavoro si popola di presenze magnetiche ed in movimento. Attrazioni fluorescenti.
La pubblicià entra negli interstizi del lavoro, dell’amore, dell’amicizia. Internet. Contattare il mondo in un microsecondo. Attraversare i gangli che ci dividono dalla realtà. Maglie nervose che ci tengono in rete.
E la realtà che si riprone in forma di acquisto.
Non si può resistere.
La toile è rapida.
Cinque minuti per ricaricare la carta di credito.
Altri dieci per l’acquisto in linea.
Qualcosa va sempre come non dovrebbe.
L’incidente è sempre dietro l’angolo.
Clicchi, procedi. Il cestino si riempie e si svuota. La password è perduta. L’email non è ricevuta. La casella registrata non esiste più.
Inizia la scalata.
Telefona alla FNAC che ha preso i tuoi soldi, gettandoli in un limbo virtuale, una sospensione in cui potrebbero fare il giro del mondo. In cui potrebbero passare nelle mani di un brooker newyorkese o acquistare un obiettivo fotografico in hong kong.
La FNAC non trova la transazione.
Telefona alla banca.
La tua banca trova la transazione e l’ha già accuratamente messa da parte, divisa dall’ammontare di bit spendibili.
Dov’é la sede della FNAC più vicina?
Internet, ancora.
Cercala. A rischio di non trovarla. A rischio di imprecare se manca la mappa. Altri cinque minuti.
Dov’é la via?
Internet.
Altri cinque minuti alla ricerca dell’indirizzo che si nasconde alle leggi dell’alta accessibilità.
Corri alla FNAC. Spera che il rapporto diretto con il tuo venditore abbia un effetto.
Ma lo sguardo della cassiera è vitreo.
La carta non passa.
Il numero non torna neanche lì.
E allora scrivi una email al centro assistenza per sapere che fare.
Ti daranno comunque il biglietto che HAI GIA’ PAGATO?
No.
La legge di dio è la legge del terminale.
Il numero non torna. La sigla deraglia e non quadra.
Ti senti un ladro.
L’oscillazione metallica delle frequenze sonore registrate al centralino.
venti minuti di attesa la telefono.
Prezzo (tutto ha un prezzo. Il tuoi cuore ha un prezzo per costoro?): 0,13 centesimi al minuto.
Oltre alle spese di prevendita del biglietto, bien sur.
Ed il consiglio di richiamare.
L’aria era fresca quel giorno. Sarebbe bastato inforcare la bici.
Qualcuno può fare un calcolo del tempo totale? Abbondando un po’, giacché le misteriose avventure dell’internauta possono essere anche peggiori.
Spostare gli oggetti. Tenere fermi gli uomini.
Quale mente malata può concepire un tale progetto?
Quali menti malate possono accettarlo?
Sarebbe bastato inforcare la bici.
Allungare un po’ per la rue faubourg du temple. Deviare prepotentemente a sinistra, sul cammino verde. La pista ciclabile, fino alla bastiglia.
Legare la bici.
La brezza sui peli delle braccia.
I biglietti sono lì, appena un metro sotto terra, nei sotterranei della musica.
Le monde est pareil.
Partout en Europe des réforme iniques du travail.
Mais la France resiste.
Aussi si les privileges des français seront une illusion.
Une illusion qui est quand même un exemple de lutte.