Adam eterno
scritto lunedì 26 aprile 2010 alle 21:02Teatro Santibriganti
ADAM ETERNO (da The butcher boy) di Patrick Mc Cabe
Regia di Susanna Garabello e Maurizio Babuin
al Teatro Furio Camillo 27 e 28 febbraio 2001
Il trauma della crescita attraverso il ricordo. In una provincia fatta di emarginazione ed alcolismo gli occhi di un bambino filtrano il mondo degli adulti, con una deformazione mnemonica che diventa, per paradosso, la cartina tornasole della realtà. Ancora una volta bambini ed adolescenti nella loro verità, intessuta di tutta la limpida astrazione del gioco fantastico.
E’ Il garzone e il macellaio di Patrick Mc Cabe, che nella riduzione teatrale di Susanna Garabello e Maurizio Babuin, anime della cooperativa SantiBriganti, diventa Adam Eterno, un monologo che si propone come minimale affresco del disagio giovanile, una storia per certi versi parossistica, fatta di umiliazioni e gesti inconsulti quanto vani.
Solo sulla scena è proprio Maurizio Babuin, a portarci nella sequenza di eventi che spingono alla fine Francie, il protagonista della vicenda, all’omicidio violento e terribile della madre di un suo amico-nemico. Ma le schegge impazzite della memoria non si ricompongono, e sia ha la sensazione che la messa in scena viva troppo pesantemente il retaggio drammatico del testo originale – forse poco digeribile al pubblico italiano, per la peculiarità della realtà irlandese, campagnola e periferica ad un tempo – senza impostarsi su un messaggio vero e proprio, sbandando fra i clichè dell’infanzia tradita ed una candida sociologia dell’atto criminale, ma senza una meta precisa.
E paradossalmente quegli eventi che proprio attraverso l’esagerazione puntavano all’astrazione delle vicende, perdono di credibilità, e non rivivono nella nostra realtà.
Forse troppa carne viene messa sul fuoco e i temi della follia, dell’infanzia, del rapporto genitori-figli e dell’universo mnemonico adolescenziale vengono solo sfiorati in superficie, senza approfondimenti, in un affresco che si rivela distante, poco coinvolgente: il paradigma della giovinezza perde di mordente, si spegne, ed a riaccenderlo sotto il segno dell’evocazione non bastano le belle musiche e luci di Luca Mazza.