i cani del gas
scritto lunedì 16 luglio 2007 alle 09:07Dopo Il Milione e l’esperienza televisiva del Vajont, due lavori che lo hanno imposto all’attenzione del pubblico, Marco Paolini è ora alle prese con il suo nuovo testo, Bestiario Italiano, I cani del gas, un viaggio nella provincia veneta, come il Milione, ma anche nella multimedialità – come annuncia lo stridore iniziale di un modem – e nel mondo, che tanto sembra avvicinarsi a questa provincia, con tutti i sui difetti, con tutte le sue peculiarità culturali. Ed ora che il mondo, sotto i colpi della comunicazione globale, sembra essersi irrimediabilmente ristretto, Paolini osserva quanto paradossalmente una provincia possa ingigantirsi in tutto il suo infinito microcosmo culturale.
Quello di Paolini è un viaggio come condizione dello spirito, è il perdersi nei particolari di una strada, addentrarsi nei meandri di uno spunto. E’ così che le leggi della casualità diventano il punto di maggiore interesse, in uno spettacolo che ci parla di un mondo che è sempre più paese e del paese che assume sempre più il significato di casa, porto sicuro nel quale paradossalmente sussistono tutti i particolari del viaggio: ascoltando Paolini si pensa a quanto possano essere molteplici gli spostamenti, a quanto viaggiare non significhi soltanto muoversi od arrivare, a come il suo stesso spettacolo sia in continua evoluzione e variazione, a seconda delle zone con le quali entra in contatto.
Il Bestiario italiano più che uno spettacolo è una osmosi culturale, un unicum, nel quale coesistono lingue e linguaggi, culture e paesi, musica e parole; nel quale la poesia del dialetto, pur conservando le sue peculiarità culturali, assume significati assoluti.
Muovendosi con una leggerezza ed una ironia incredibili fra temi di straordinaria attualità, Paolini sembra volerci ricordare che nel mondo dell’unificazione multimediale e comunicativa, è necessario non trascurare la propria cultura e le proprie origini: bisogna che le individualità facciano parte del tutto, senza però disciogliersi in esso, perché il mondo è una provincia fatta di tante province.
(Visto in febbraio 2000, Teatro Valle)