stancanelli/falleri: benzina che brucia
scritto sabato 3 marzo 2007 alle 13:30Tubi verdi tendono alla verticale. Pompe di benzina appese al soffitto come pistole rivolte verso il basso. Verde acido a macchiare il colpo d’occhio sul palcoscenico e il portabagagli di una vecchia Mercedes che spunta dalle quinte. Rosso sangue sulle mani di due ragazze.
E al verde benefico della benzina non inquinante, si sostituisce (tempo di ambientalismi sfrenati?) la cattiveria acida di una vita con i sentimenti strozzati in gola. E’ “Benzina” che, per la regia di Daniele Falleri, ci parla di un combustibile infiammabile, prima di essere non inquinante. Un combustibile che brucia come la vita delle due protagoniste.
Si tratta del terzo appuntamento dei cinque del “Garofano Verde”, la rassegna organizzata da Rodolfo di Giammarco per il palcoscenico del teatro Belli, giunta alla sua ottava edizione. L’ennesimo “scenario di teatro omossessuale”, tratto stavolta dal libro omonimo di Elena Stancanelli, racconta la storia di due lesbiche – Lenni (Ana Valeria Dini) e Stella (Loredana Cannata) – allo sbando fra la vita di officina (gestiscono una pompa di benzina), l’anoressia, i rapporti con i genitori e quelli con l’altro sesso.
Si apre la tela ed un cadavere è in terra. Chi giace è la sterile madre di Lenni (Cinzia Mascoli), venuta da lontano a recuperare la figlia, fuggita con la benzinaia Stella (Loredana Cannata). Ma qualcosa è andato storto, e ci si mette per giunta anche una specie di stupratore improvvisato (Alberto Bognanni). Le due amanti iniziano così un percorso che le porterà alla consapevolezza…
In alto, in una nicchia che sa di santino e madonnina da palazzone popolare, campeggia la figura della redimorta madre, incastrata come in un ritardo dell’aldilà e costretta per questo a guardare la nuova vita della figlia. E solo nell’aldilà capirla appieno.
Sorprendente la carica euforica dello spettacolo, che con acre ironia mette a nudo le relazioni genitori-figli, inserendosi in un contesto che trascende da quello della letteratura “della marginalità”, e che recupera ossigeno da quelli più comuni (forse più ricchi?) del pulp e del grottesco. Il risultato è un flash comico, che non tralascia la riflessione ed interviene citando anche dal cinema di Roberta Torre; ai colori tipici dei film della regista colori manca solo, infatti, (limiti del teatro…) il punto di vista deformante dei grandangolari di “Sud Side Story”. E forse proprio per l’affinità con il linguaggio cinematografico, che traspare anche nella versione per palcoscenico di Daniele Falleri, il libro di Elena Stancanelli diventerà a breve un film.
Nel complesso una “storia d’amore disperata e profonda”, anche se a volte incespicata nell’emozione delle interpreti: ma niente paura, inconvenienti delle prime, che però vengono ben ripagati da uno spettacolo che parla con originalità di un mondo possibile.
(Visto al Belli di Roma – Giugno 2001)