fra nosferatu e wenders l’espressionismo tedesco a parigi
scritto lunedì 6 novembre 2006 alle 00:20Cosa definisce il limite fra le arti? L’interrogativo diventa cruciale con l’avvento del cinema e raggiunge limiti profondi ed insospettati con lo sviluppo delle nuove arti digitali, e con lo stesso cambiamento del modo di esporre nelle gallerie, sempre più votato ad aperture multimediali ed ipertestuali.
“Le cinéma expressioniste allemand – splendeurs d’une collection”, mostra-evento che festeggia i settanta anni della Cinémathéque française (a Parigi dal 26 ottobre al 22 gennaio 2007) mette tutti questi interrogativi in un bagno reagente di immagini. Cloruro d’argento che dalla pellicola si riversa in una sterminata e preziosissima collezione di stampe, acquarelli, scenografie, riunite in lunghi anni di lavoro da Lotte H. Eisner, conservatrice della cineteca dal 1945 ed uno dei massimi esponenti nella scoperta del movimento che forse ha maggiormente influenzato il cinema di tutti i tempi.
Mettere in mostra la settima arte, le cui modalità di fruizione sono così distanti da quelle dell’arte figurativa, diventa possibile con l’ausilio di schermi fluorescenti che proiettano bocconi interi dei capolavori massimi dell’espressionismo tedesco, come il Gabinetto del dottor Caligari, M – il mostro di Dusseldorf, Il dottor Mabuse, Nosferatu. Diventa possibile esponendo le tematiche centrali della corrente attraverso bozzetti, progetti, studi di costruzione e modelli di scenografie: la natura, la strada, le scale, i corpi, gli interni si articolano in un percorso ricco di sorprese, fra cui l’automa allucinato di Metropolis in grandezza naturale.
A disposizione del pubblico della cineteca un calendario ricchissimo di proiezioni di film in versione integrale e restaurata: si va dal cinema tedesco degli anni venti, fino ai film che in periodi più recenti hanno di più subito la fascinazione dei moti dell’anima, esternando – esattamente come diceva nel 1910 Herwald Walde dalle pagine della rivista Der Sturm – le esperienze vissute nel punto più profondo di se stessi. Ecco spiegata allora la relazione con i registi fuori dal movimento, ma comunque presenti nel calendario delle proiezioni o nei materiali esposti: Orson Welles, Sergeij Eizensteijn, Wim Wenders, Andrei Tarkovskij.
E la mostra mette in luce proprio questo aspetto tenendo conto anche della ricca letteratura critica dedicata al fenomeno: dalle digressioni sul valore cinematografico o teatrale del Gabinetto del dottor Caligari, ai rapporti profondi con le figurazioni astratte e le sinfonie urbane e visuali di Ruttman e Vertov.
Capita allora che nell’incanto ipnotico dell’occhio meccanico, nei passaggi ritmici della camera che si fa strumento di assemblaggio della realtà, si scorgano esperienze del tutto fuori genere, come American Beauty, che pesca le sue immagini digitali da Berlino, sinfonia di una grande città.
Per Rudolf Kurtz, l’Espressionismo, più che un movimento artistico è una corrente dell’anima, universale, eterna, trasversale. In esso l’onirico diventa arsenale e risorsa creativa: scene e personaggi sgorgano da un immaginario brutto e folle, in giochi d’ombra vertiginosi ed obliqui, in ossessioni e sghembe reiterazioni. La scenografia è il mondo interiore, e l’io si fa a sua volta scenografia, in una sorta di reciproco rimando allucinatorio che conduce alle radici più profonde dell’io, e che colpisce fin nel profondo uno spettatore attonito di fronte al suo stesso cosmo interiore.
Al seguente link potete vedere il servizio realizzato da UniromaTV dal titolo “Nosferatu il vampiro”
Ufficio Stampa di Uniroma.TV info@uniroma.tv
Grazie della segnalazione.
Anche se la colonna sonora ad un film muto non è idea nuovissima.
Complimenti per il progetto di comunicazione di Uniroma, che non conoscevo.