How far is the museum? Beckett al centro Pompidou
scritto venerdì 1 giugno 2007 alle 00:42
photocredits – artMobbing – rk22.com
Sempre più frequente si fa la moda dell’immateriale nei musei; una tendenza inventata dai regimi totalitari come necessità imposta dalla valorizzazione delle culture popolari e che a ha un esempio significativo nel quartiere dell’Eur, lucido esempio razionalista di città della conoscenza.
Col tempo però questa pratica dell’immateriale è stata ripresa dalle tendenze museali più alla moda fino ad informare la realizzazione di molti degli eventi espositivi in tutta Europa.
Quello dedicato a Beckett dal Centre Pompidou fino al 25 giugno fa parte di questo nuovo patrimonio immateriale essendo una mostra, ciò che prevede la visione di oggetti artistici, su un drammaturgo, realizzatore invece di oggetti artistici privi di una specifica solidità in quanto non identificabili direttamente con il supporto cartaceo che li invera.
Ed ecco appunto il paradosso: la cultura dell’immateriale diventa una scusa per l’agile organizzazione di eventi o alibi per chiedere la somma di dieci euro (peraltro al Pompidou non si accettano tessere studenti della UE) per poco aggiungere alla conoscenza del fruitore in una sarabanda di carte illeggibili, video troppo lunghi e non pensati per uso museale, documentazioni ed associazioni fra materie discontinue se non proprio insensate, almeno misteriose.
La mostra su Beckett è esattamente questo: si apre con una rapida carrellata sulle opere degli autori la cui influenza da parte del drammaturgo sembra quasi una ipotesi senza alcun sostegno critico e documentario, si prosegue con una serie di video variamente ispirati alla sua opera, si vede qualche diario e qualche lettera o invito a cena autografo, alcuni brani video realizzati dal drammaturgo o a lui ispirati, qualche intervista e performance radiofonica e si esibisce infine un documentario.
Per fortuna che in questo scialbo accostamento di scaglie beckettiane si ha la possibilità di vedere una raccolta di interviste interessantissime, che mettono in luce molteplici aspetti del lavoro dell’autore irlandese con testimonianze dei protagonisti della felice stagione dell’assurdo: How Far is the Sky?, commissionato dall’IMEC appositamente per l’esposizione alla regista Pascale Bouhénic. Vediamo le immagini di Jude Stéfan, Jean-Philippe Toussaint, Pierre Zaoui, Werner Spies, Jean Martin, Philippe Beck, Pierre Pachet, Françoise Gorog, Tom Bishop, John Calder, Raymond Federman, Hermine Karagheuz, Geneviève Asse, Jean Echenoz.
A voi l’ardua scelta fra il duro cubo di legno da cui guardarlo in loco e la visione del DVD dalla morbidezza domestica della vostra poltrona.