4
dic
scritto in the T.Blair which projects | No Comments »
Si dice da tempo che il futuro del Web sarà il mainstream.
Il ritorno al terminale senza intelligenza. Una macchina poco più potente di un televisore che accede e modifica dati situati su altri server, che fanno il lavoro per lui.
Elaboro un foglio di calcolo o un documento in linea, sulle macchine di qualcun altro.
Ed i dati passano in copia unica in uno spazio totalmente virtuale.
Microsoft e Google e tanti altri hanno subito fiutato il business. Oggi è già possibile lavorare in linea e fare dei propri dati qualche cosa di più volatile ancora. Qualcosa che non corrisponde più neanche allo spazio “simbolico” del disco fisso.
Dicono che il mainstream sia la soluzione alla pirateria telematica.
Utilizzo un programma come photoshop in linea, e sono obbligato a pagare un abbonamento direttamente al produttore.
E dicono pure che il mainstream aumenterà la capacità partecipativa della rete.
Funzioni come l’antispam saranno demandate agli utenti.
Così come in questo momento sto contribuendo alla stesura dei contenuti di questo sito, in futuro (ma già oggi) farò da piccolo ingranaggio. Da microfiltro che sommato ad altri milioni di microfiltri effettua una operazione molto più efficiente di qualsiasi altra macchina.
E’ il web 2.0. Quello che farà incassare tanti soldi ai trust di sempre, ma con il minor numero di risorse umane, sostituite da quelli che produrranno per altri, in una immensa azione di volontariato.
Come hanno dimostrato youtube e myspace, il content manager non è più affare su cui investire. Il contenuto lo fa l’utente: quel che conta è guadagnarsi una posizione di rilievo sul mercato. Conquistare la distribuzione senza pagare il prodotto che si distribuisce.
Pensiamo a gmail, il servizio di posta elettronica di google centrato sul web, che ha scalzato i tradizionali programmi di posta elettronica dando definitivamente la spinta alla trasformazione del mondo della messaggeria verso il totally web oriented.
In gmail ciò che con outlook ed i suoi colleghi era impossibile è ormai un gioco da ragazzi: basta che un gruppo di utenti cominci a segnalare come spam un messaggio, che in poco tempo questo viene riconosciuto come tale dal gruppo PLANETARIO di utenti gmail.
Nessuna censura (il gruppo PLANETARIO non rappresenta interessi specifici), semplicità d’uso, ed un numero ridottissimo di operazioni da parte del gestore.
E con in tasca la carta di poter vendere, un domani, le basi dati contenenti gli identificativi dello spam, esattamente come accade con la distribuzione delle liste di indentificazione dei titoli dei CD in cddb.
Ogni uomo sarà un uomo-spam.
E la rete si sostituirà all’intelligenza assumendo comportamenti imprevedibili.
Quello che bisogna chiedersi è se il mainstream, più che un sistema per salvarci dalla fastidiosa pulizia della posta elettronica non sia un passo ulteriore verso il disastro delle conoscenze. L’accentramento, cioè, di tutte le informazioni in un unico lucente server mondiale, nel quale diventi realtà il delirio del regime che voglia cambiare il passato.
15
set
scritto in la facoltà di giudizio | 1 Comment »
Incantevoli gli spazi del Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino.
L’ambiente, anche, rilassato.
Forte la carica emotiva per le mura ed il luogo che hanno il primato italiano della precoce scoperta di Rodrigo Garcìa.
Meno incantevole invece l’evento che hanno ospitato ieri sera e che ospiteranno fino a domenica 16. E stavolta non è solo per la natura che diremmo “anti-estetica” del talento ispanico-argentino.
Quello che è mancato è stato il picco emozionale. L’adrenalina e l’eccitazione funesta di Agamennone, ad esempio. O l’ironia graffiante di Ho comprato una pala da Ikea.
E non si capisce se sia volontario (ma siamo nel terreno delle ambiguità di Rodrigo Garcìa) che il titolo – il lunghissimo titolo – A un certo punto della vita dovresti impegnarti seriamente e smettere di fare il ridicolo, rispecchi effettivamente una certa stanchezza nei movimenti; rispecchi la parabola discendente di una protesta che dopo quasi un decennio di contestazione dei loghi ha ora acquistato e sviluppato i suoi propri.
Garcìa è troppo intelligente per non accorgersene.
E allora ci risiamo? Siamo ancora alla fase del Comer mierda?
La domanda in sala se la fa Garcìa e se la fa anche il pubblico.
Ed eccoci accontentati: una tavola sul proscenio raccoglie una notevole collezione di stronzi fumanti. Dietro, un materasso fa da nido familiare. Appena a sinistra un tavolo delle torture che vorrebbe esser perturbante. Una bolla con un pesce dentro che non fa per sua fortuna la fine dell’astice in padella. Infine un boschetto da appartamento ed un tavolaccio.
Visioni allucinate della famiglia, che si perde nella monotonia dei giorni di questo nostro Occidente Alienato: l’azione inizia con un piano doppio di rappresentazione, gli attori collegati a microfoni e rozzi altoparlanti ad occupare l’alcova d’amore. E poi questa alcova d’amore che si riempie di merda e vomito. La situazione che degenera. Si improvvisano azioni. Gli attori finiscono sepolti o innaffiati ad alta pressione.
Tutto già visto, certo, ma rimane la forza teatrale di alcune invenzioni. Rimane la forza di descrizione dell’oggetto e l’anarchica invenzione visiva. Rimane una gomma da cancellare enorme, sul fondo, che si consuma mentre gli attori decidono cosa cancellerebbero del mondo. E rimane un rotolo di parole ed interrogativi sull’ordine razionale e tecnocratico di questo mondo da cancellare: rotolo che si svolge dalla bocca e dal ventre dell’attrice, tirato (e letto) dal pubblico.
Dico asino ad uno e compare un asino in scena: sono le attrazioni di Ejzenštejn che Garcìa usa a guisa di sintassi della scena; si tratta di una forza di suggestione che attraversa il senso delle immagini e gioca col linguaggio televisivo e pubblicitario.
Gli attori tutto fanno e disfanno, stavolta si, nell’anarchia di una condizione anti-attoriale, distesa, colloquiale, con Luca Camilletti che esprime la sua esperienza al seguito dell’argentino e Jorge ed Agnès che si esprimono in spagnolo e snocciolano un italiano stonato.
Ma è forza espressiva persa – a malincuore – nell’assenza di lacerazione.
13
set
scritto in Il libro dei sogni, poethika | No Comments »
Vedi?
Sarà come schivare
La rosa della botta
Passare in questa maglia stretta
di zero ed uno
Ed evitare il suicidio
Ma
Non sarà poi tanto originale
Non come, almeno, la mela
al cianuro
di chi sapeva
Allora più di ora.
12
set
scritto in Il libro dei sogni | No Comments »
ed al terzo sarà lutto
E’ fatica scrivere
come un anonimato
come sogno lontano
come meccanica che non si avvera
(ruota all’incastro)
come anestesia
…o acqua per il cranio
…o per il cemento
come forzatura
che
dovresti
echenonpuoi
perché eri lontano
a n n i
l u c e
dal tuo mondo
a questo battere
(ed era solcare)
ad un ordigno
pretese poetiche
risponda la carta
il tuo foglio risponda
e sarà
sangue
17
lug
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MANIFESTO ANTI-ILLUMINISTA
Pensiamo al ritratto del biologo Giuseppe Levi in “Lessico famigliare”: preparazione classica, attitudine al linguaggio, sensibilità poetica come doti perdute di una scienza oramai assoggettata al delirio tecnocratico.
Kant reagisce ad ogni possibile deriva dell’Illuminismo quando dice « Il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me ».
In un sistema monolitico come il suo, in cui la ragione illumina ogni angolo della Natura, essa capitola e riconosce i suoi limiti al di fuori del suo ambito specifico.
« Il y a dans le feu de vie, dans l’appétit de vie, dans l’impulsion irraisonnée à la vie, une espèce de méchanceté initiale : le désir d’Eros est une cruauté puisqu’il brûle des contingences ; la mort est cruauté, la résurrection est cruauté, la transfiguration est cruauté […].
Dans le monde manifesté […] le mal est la loi permanente et c’est qui est bien est un effort et déjà une cruauté surajoutée à l’autre.
Ne pas comprendre cela, c’est ne pas comprendre la les idées métaphysiques. »
(Antonin Artaud, Le théâtre et son double, Paris, 1964)
Complice la risacca del libero parlare telematico, sono sempre più frequenti i rigurgiti illuministici. Il che non stupisce, vista l’origine razionale, categorica, schematica della rete stessa.
E non stupisce del resto che questo Illuminismo (pressoché invariato dai tempi bui dell’Encyclopédie) intessa con la stessa arroganza di allora il pensiero di questo angolo di mondo che chiamiamo Occidente.
16
lug
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Parigi. Il suo romanticismo.
Chat Perchés, ultimo documentario per la televisione di Chris Marker è una storia sul tempo e sulla libertà.
L’autore ripercorre due anni di vita sociale parigina partendo dalla misteriosa comparsa dei gattini gialli sui muri della capitale francese per fare la storia emozionale dell’ile-de-france, microsistema sentimentale, cuore pulsante dell’esagono, specchio così vicino e così lontano dalla vita della nazione.
Aggregazioni di persone in lotta per la libertà, risvegli, attacchi artistici, riflessioni di strada, manifestazioni.
Dalla fine del 2001 al 2003: la nevrosi delle presidenziali in cui Le Pen passò al secondo turno aprendo la strada alla “vocazione socialista” di Chirac; la manifestazione contro l’AIDS, con i campi di Marte invasi da una folla di cadaveri; l’azione concettuale degli ombrelli al Beaubourg; i nastri trasportatori di Chatelet; la sollevazione contro le prime operazioni belliche in Iraq.
Parigi come museo a cielo aperto o sommerso nei tunnel rivestiti di bianco della RATP. Parigi come città vocata alla rivolta. Parigi come immensa bande originale fatta di “attentifs ensemble” ed insolite orchestre russe.
Nella topografia stessa dela città sembra risiedere la sua tendenza all’aggregazione: dieci milioni di cuori sparsi fra i venti villaggi chiamati arrondissement. La metropolitana come sistema linfatico, riserva di incontri, d’amori e di visioni.
Le immagini ed i volti scorrono. La bellezza si rivela nel quotidiano degli sguardi, nei bambini che inseguono le luci colorate sul pavimento, nel collo bianco latte di una donna, nella fissità di una orientale sulla banchina.
Il tempo collettivo come tempo privato e vice versa, in un percorso che mostra il contemporaneo nel suo significato primario e cioé compresenza di azioni e visioni.
Nulla sfugge all’occhio amatoriale della piccola camera che fa le sue visite periodiche al gatto (reale) bolero ed al suo umano, a Strasbourg St. Denis; che verifica la sparizione dei gatti (disegnati) sui muri; che scopre i mosaici degli “space invaders” agli angoli della strada; che coglie l’anonimato degli uomini neri col palloncino rosso; che rimane puntata in terra, a ritrarre gli stencil colorati e le follie artistiche che di tanto in tanto rinnovano la pelle del cemento ed i mattoni del centro storico.
Parigi nella sua essenza di vertiginosa metropoli poetica.
13
lug
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MANIFESTO ANTI-ILLUMINISTA
«Il protestantesimo, la dottrina che, con la sua mitizzazione del lavoro e la redenzione attraverso di esso, è stata un propellente decisivo del decollo industriale, e che oggi è la dominante dei Paesi guida dell’attuale modello di sviluppo (in particolare negli Stati Uniti dove negli ultimi anni, con l’interpretazione evangelista che ne è stata data dai neocon, è diventata ancora più radicale), ha avuto la dabbenaggine di considerare il povero un dannato da Dio, mentre il ricco invece è l’eletto. Per cui oggi il povero non è solo povero, è un reietto colpevole di esserlo […].
I Greci, in una situazione simile, reagirono in maniera opposta. Appena fece la sua comparsa, verso il III millennio a.C., quello che viene chiamato il “capitalismo antico” […] portando con sé sperequazioni economiche prima inimmaginabili, le principali scuole di filosofia si misero immediatamente ad esaltare i ‘penes’ e la ‘penia’, il povero e la povertà (Diogene viveva ostentatamente in una botte), avendo ben compreso a quale mare di infelicità e a quali pericoli si andasse incontro se si toglieva alla maggioranza della popolazione ogni motivazione esistenziale»
(Massimo Fini, L’infedele, Venezia, 2005)
Il delirio di pensare ad un uomo “scientificamente” migliore, l’eugenetica, si basa sulla stessa idea di miglioramento ed accrescimento progressivo alla base delle civiltà tecnocratiche ed illuministiche. E per giunta, con la smania di CLASSIFICAZIONE, TECNICIZZAZIONE e SPECIALIZZAZIONE del sapere (le riforme scolastiche degli istituti universitari e medi di tutta Europa negli ultimi 15 anni sono un riflesso di questa situazione) l’Illuminismo odierno acceca la vista dei suoi più competenti adepti, trasformandoli in pezzi di un ingranaggio di cui essi stessi non riescono a scorgere il fine e la ragione profonda.
Una scissione fra le posizioni etiche e quelle scientifiche dà ragione di credere seriamente al rischio di catastrofe genetica TOTALE. L’accidente universale.
Come è possibile, infatti, concepire che un uomo che si trova a manipolare il materiale genetico, il nucleo stesso della vita, non conosca l’insegnamento etico di Socrate o la metafisica di Platone?
Il sapere “sapienzale” è scomparso con l’idea stessa di enciclopedia. Il sapiente ha smesso di esistere con la scusa di una vastità di sapere più estesa e quindi incontenibile nella testa di un solo uomo: il che è un riflesso di come il pensiero occidentale abbia una visione quantitativa più che qualitativa del sapere.