11
giu
scritto in quasi una storia, the T.Blair which projects | 2 Comments »
Quello arriva.
Arriva eccome.
La donna mi guarda.
Io le sorrido.
Lei non può fotografare monsieur
diritto all’immagine monsieur, dice quello
diritto all’immagine cancellare cancellare cancellare, monsieur
dice quello
e quella è muta e spaventata
e quella ha gli occhi sgranati, la donnona
occhi sgranati a palla che le schizzano dalle orbite
primitive orbite
simpaticissime orbite primitive perse nell’ignoto di questa insolita tecnologia
sorrido e lo so che ho uno sguardo da coglione
diritto all’immagine
sono sensibile a tutto questo, io, perbacco
perbacco
Perbacco.
Pensate pure che fossero dei primitivi, i nativi d’america.
Ma quando ammonivano lo yankee e gli dicevano
guardati dalla foto
non fotografarci, ma che vuoi, vattene
parlavano dell’anima e del suo furto.
Avevano torto?
Avevano torto?
Lo diresti ancora che avevano torto?
Lo diresti ancora dopo avere assistito per anni al delirio televisivo?
Dopo avere assistito a questa folla di uomini depauperati di anima tutti intenti ad alimentare il proprio alter ego
fluorescente. A duplicarsi a loop nelle frequenze hertziane della sera e poi nei bit lucidi del mattino.
Quando apri yooooooooooooooooouuuuuuuuuuuuuuutube per rivederli.
Quando ti affacci sul mercato dell’immagine che tutto compra e tutto svende.
Non ti viene forse in mente che
!AH!
ad ogni passaggio fotovoltaico del sensore sulle tue vibrazioni quantiche la tua anima non si consumi?
Un pezzo per volta.
Già credi all’uomo smembrato?
Già credi all’uomo che riveste ogni mattina la stessa giacca blu e ripete la sua azione e annulla il tempo.
Già credi nella marionetta uomo, pronta a scattare al minimo impulso del tuo mouse sulla faccia di un lettore
multimediale.
Credi ad un uomo openSource o a pagamento, ma sempre fluorescente. Sempre ripetibile. Sempre contraffatto.
Crediamo già nell’uomo del video? Egli insegna libertà terribili e mette a dormire i tuoi figli.
Crediamo già che il tempo si ripeta?
Credevamo all’eterno. Ne creammo uno.
Volatile.
E comunque se è per questo i miei simpatici compagni della rue faubourg du Temple non è che fossero proprio del
tutto insensibili alla tecnologia. Anzi. Talmente tecnologici che si aspettavano un digitale da fast food da
guardare, misurare, valutare e cancellare direttamente da un pulsante della macchina.
Ed io sempre col mio sorriso da imbecille stampato al centro del viso mostro loro il dorso della macchina e dico
non posso cancellare
non posso vedere
sono un cieco al bianco e nero
la tua immagine non esiste ancora in nessuna memoria
la memoria inizia quando svelerò l’immagine latente
per ora la fascia mossa della tua figura è latente
è una rete
chimica
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9
giu
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Hai solo fumo blu nella testa e nei polmoni.
E questa sera in fondo non è neanche troppo dorata.
Questa sera è mezza azzurra e mezza blu.
Giustamente: come il fumo nella tua mente e la nebbia nelle tue ossa.
La sera è blu e quasi fa freddo a pensarci.
Che avresti quasi bisogno di un maglione.
Ma avresti anche bisogno di un occhio che allontani ed ingrandisca ad un tempo.
Che esso ingrandisca ogni singola faccia di ogni singolo passante che si imbatta sul luogo del delitto.
Che si imbatta in una specie di RITTTTTTAAAAAAALLLLLLLLLL stordito dalla sua macchina fotografica. Con un cannone al posto dell’occhio, che spara uno scatto
appena ed incide sulla gelatina all’argento ed al bromuro l’immagine di
- un marciapiede che sale verso l’alto
(percorso da)
- una
grassissima africana nera di spalle che faticosamente lo risale, il capo coperto, costume tipico a fiori, verde
- qualche paletto con la testa bianca
(o cerino da marciapiede)
(al periferico, forse)
- una macchina che passa
- le mo-bi-let-te
- una bici
sguardi sfuggenti
Ma
La luce è talmente blu
L’ombra dei palazzi è così fredda
e pazza
La pellicoa così bianco e nero
che
- il tempo di ripresa è stato troppo lungo
così la gelatina il bromuro l’argento il polimero complesso e tutto l’ambaradam avranno preso si e no
- un corpo grasso, grigio,
- con forse qualche fiore bianco che si distingue
- scie di volti e braccia e gambe
- ed un fiammifero di strada, unico fermo in questa risacca di cellule e vento
uno di quelli con la testa bianca il corpo marrone e la mano di qualcuno sempre poggiata sopra
e quasi ti dispiace d’avere sprecato lo scatto.
E speri nella fortuna.
Ma quello arriva.
Cazzo: arriva e si infuria.
La scena lui se la cucca subito.
E quasi a bassa voce dice
“urgluglrlulgllguuuelleleluuffu-fu-fo-photo”
capito?
“urgluglrlulgllguuuelleleluuffu-fu-fo-photo”
Roba dell’altro mondo.
Roba che lo ignoro, che altro fare?
Roba che la donnona dall’aria grassa e gioviale si volta e mi guarda.
Roba che le sorrido, perdio.
Costoro mi sono simpatici.
A priori.
Come pregiudizio: giudizio emesso prima.
Mi sta simpatica questa gente.
La parola è SOPRAtTUTTO.
Anche quando essa fa male e provoca onde d’urto ed ossessioni e disperazioni.
Certo certo.
Certo certo certo.
Ma non ci hai fatto caso,
hein?
Non-ci-hai-fatto-caso?
Quello ha una barbetta strana. Una specie di pelata al contrario.
Peli di culo lunghi lunghi lunghi piantati proprio sopra l’insieme mentopappagorgia.
Anzi. Si direbbe proprio che questi lunghi e storti pelazzi siano proprio messi lì a coronare in una specie di aureola rossiccia il brutto complesso rigonfio mentopappagorgia che sostiene alla lontana il naso aquilino.
Eh si.
Una barbetta rasata tutto intorno a spuntare da orecchio ad orecchio.
Tutto sta sotto un cappellino egiziano.
Cappellino. Cartellina verde. Coranino in una mano e la benedizione di Allah (che Dio l’abbia in gloria) forse nell’altra.
Insieme al candido costume dello studente coranico.
Ma-non-ci-hai-fatto-caso?
Ma che cosa sarebbe ’sto studente coranico?
Che cosa, s c u s a?
Perché avrei dovuto? Mica sono razzista io.
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6
giu
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Questa volta hai proprio esagerato.
O è Parigi che ha esagerato.
O la televisione.
Quella però, a dire il vero, esagera sempre.
E quindi non mi trovo a navigare, stavolta, ma mi sto nei miei pensieri.
Lo sguardo si chiude dentro al parallelepipedo della scatola ottica.Quadrato di specchi quadrati.
Dicono che dalla scatola ottica la realtà sembra più bella.
Essa è più lucida.
Indurisce i bordi passando per la lucentezza del vetro. E’ sempre luce.
Ma è luce più bella.
Tre dimensioni.
Ma che dici? Hai bisogno della terza dimensione per farne due?
Hai bisogno di eliminare per avere un punto di ripresa?
Il punto di ripresa è ciò che ora, qui, stai escludendo.Forse avresti dovuto escluderlo da subito? Che dici? O vuoi che tutti i dettagli siano sempre regolati?
Ed allora mi ritrovo sempre più spesso con l’occhio piantanto sul lentino ed il lentine dietro al cubo di vetro ed il cubo di vetro col suo specchio e con la sua proboscide telescopica davanti che prende l’immagine.
La gira e la rivolta, e rispetta tutte le simmetrie.
Specchio glacialeimplacabileetereo.
La passa dentro la mia testa che la fa passare attraverso un
miliiiiiiiiiiaaaaaaardoooooooooooooodimiliaaaaaaaardiiiiiiiiiii
di impulsi neuronici.
Come cascata di chimica.
Come allucinazione.
Come una quadratura più rotonda del mio sguardo periferico.
Riduco lo sguardo perifico dentro un apparecchio per prendere la realtà.
Me ne impossesso.
La sviluppo a mio piacimento.
Anche quella volta mi trovo così.
Sono matto.
E tiro metri su metri di polimero violettotrasparente e gelatine a dismisura ed acidi per lavarle e luci per guardarci attraverso.
Il processo della luce.
Che copia in negativo ciò che entra in positivo e torna negativo e torna positivo in un processo di trasformazione e reversibilità virtuosa.
Reversibilità della luce.
E’ per questo che non si deve credere a luce e luminescenze.
Esse ingannano e s’invertono.
Rubano, esse, il vero al vero.
Ed allora?
Allora in tutti questri kilometri di pellicola una volta mi prendono per una spalla.
Mi mostrano un distintivo tirato fuori dal giubottaccio di pelle.
Mi vogliono togliere la macchina e la pellicola e tutto.
Mi distruggerebbero anche il cervello.
Lo esporrebbero alla pioggia aggregante dei fotoni.
Me lo opacizzerebbero al nero o al bianco della totale assenza di contrasto.
Sto fotografando un ministero.
Sono davanti al lago dell’EUR.
Mi salvo solo dopo qualche ora.
E salvo pure le pellicole.
“Marescià, ma lo lasci stare, chiss’ studente di fotografia è…”
Ed allora?
Allora mi proietto a qualche mese più avanti.
Giu per la discesa della rue faubourg du temple.
Sempre lì, te: sembra che tu non veda altro, no?
No.
Non vedo altro.
Vedo solo il fiume incessante della gente sul lucido del pavé appena lavato.
Vedo la llllllllllllllllllluce di una sera rossa che scorre sotto i miei piedi.
E vedo dalla distanza di dieci millimetri TUTTO IL MONDO.
Da un OCCHIO come se fossi un
polifemo meccanico.
In locomozione verso il fiume della folla che compra e mangia e parla e puzza e profuma e guarda.
E questo occhio mi si chiude e passa facilmente a raffiche di NEROCIECO.
A raffiche che prendono il tempo e lo arrotolano su una stringa di 120 cm (e qualche ritaglio).
Vedo tutto questo.
Il mondo e più bello se capovolto e riaddrizzato dall’occhio di una reflex.
Ma quella volta.
Sorpresa.
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15
apr
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Europa o carrello della spesa?
Pensa un po’.
Mi connetto.
[Madooooooooo'! Sempre connesso! BRANCHÉ ?]
Mi connetto e casco sul sito per la salute in Europa.
Tutela della salute.
Cercavo qualche dato concreto sull’alcoolismo in Francia.
(A proposito… C’è un legame fra alcolismo, libertà individuali ed Illuminismo?).
E scopro che l’organo della comunità europea per la tutela della salute è anche quello per la tutela del consumatore.
Mammmamamammammmmaamammaa!
Il Mondo secondo Monsanto?
Come è possibile che il consumatore sia compatibile con la salute?
La chiave per ritrovare la salute non è forse quella di smettere di essere consumatori?
Comunque si festeggia sempre qualcosa nel mondo dei consumatori.
Dopo la festa dell’amore inventiamo la festa dell’amicizia.
Per il momento ci siamo inventati
TOGETHE®
INSOMMA 50 ANNI ASSIEME (NEL CARRELLO DELLA SPESA).
Tags: , caddy, europa
12
apr
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Come per Marcuse, il fachiro nel sistema dominante, tutto viene inglobato e diventa dieta igienica.
Allora l’autodeterminazione dei popoli? Fa problema oppure è usata per condizionare l’opinione pubblica?
C’è il Tibet. C’è il Kosovo. C’è la Palestina.
Quale autodeterminazione dei popoli abbiamo scelto oggi nel ricco menu dell’informazione globale?
Il volume delle parole è più proporzionale alla quantità di morti o di abusi?
Ti ricordi di Yasser Arafat?
Ti ricordi dei muri di calcestruzzo?
Ti ricordi del Sessantotto?
Eppure oggi suona ridicola la tavola rotonda del potere e le sue convergenze complottistiche fanno ridere.
[immagine bianconero di Peter Sellers che fa il saluto nazista. Stranamore?]
Già: non esiste alcun tavolo tondo delle decisioni. La tendenza è ben più terrificante: la tendenza è l’auto-omologazione che ha sostituito da un bel pezzo l’autodeterminazione.
E certo le interfacce e la semantica web ci stanno mettendo del loro.
Qualcuno obietta: ma hai già visto una pubblicità su internet che ti è veramente rimasta nel cerebro?
La risposta è chiaramente no. Ma la risposta è anche che internet usa mezzi di persuasione occulta, che il trucco è la facilità di accesso alle informazioni, le quali, proprio in virtù del fatto che sono scelte volontariamente dall’utente, sembrano meno mendaci degli altri media. Internet è la verità.
Ma siamo poi davvero sicuri che sia una verità meno mendace?
Se il linguaggio diventa lo stesso per tutti, ed essendo quella del linguaggio la dimensione stessa dell’esistenza umana, cosa sta accadendo alle nostre PERCEZIONI ora?
Cosa succede se nel cervello di un americano, di un europeo, di un giapponese, si attivano gli stessi circuiti e si vanno a toccare le stesse corde?
Il linguaggio produce senso: non dimentichiamo le pagine di Heidegger in cui si spiega in che modo la parola verità influenzi l’immagine mentale stessa che il greco antico ha della verità.
Nel mondo greco, ci dice il filosofo, la parola Aletheia, che suona come “verità”, vuol dire in realtà non-ascosità non-velato; di qui la verità come svelamento (Unverborgenheit).
Da un punto di vista linguistico è attraverso la parola verità, insomma, che il greco ne coglie l’essenza metafisica.
“[…] la metafisica non porta l’essere stesso al linguaggio, perché non pensa l’essere nella sua verità e la verità non come svelatezza, e la svelatezza non nella sua essenza. Nella metafisica, l’essenza della verità compare sempre e solo nella forma già derivata della verità della conoscenza e della asserzione. Eppure la svelatezza potrebbe essere qualcosa di più iniziale della verità nel senso della veritas. Aletheia potrebbe essere la parola che dà un’indicazione non ancora esperita sull’essenza impensata dell’essere. E se le cose stanno così, allora è chiaro che il pensiero della metafisica, che procede per rappresentazioni, non potrà mai raggiungere questa essenza della verità,[…]; si tratta di porre attenzione all’avvento dell’essenza ancora non detta della svelatezza in cui l’essere si è annunciato. Nel frattempo, alla metafisica, durante tutta la sua storia da Anassimandro a Nietzsche, resta nascosta la verità dell’essere. Perché la metafisica non ci pensa?” [ICM, pg. 321]
Nella grancassa del Web il complotto in realtà si concerta a solo. E’ una questione di semantica.
Anche il principio della parità – almeno virtuale – dei diritti di ogni uomo di fronte alla giustizia subisce nel sistema americano un pericoloso decalage: si verifica così lo scollamento del potere delle Corporation dall’interesse personale.
Il diritto americano non prevede alcuna condanna penale per i dirigenti delle corporation, ammettendo implicitamente che la corporation sia un organismo a sé, suscettibile di prendere decisioni autonome e di avere un comportamento che trascende da quello degli individui che lo compongono.
La corporation è insomma un individuo, ma viene da sé che il deterrente della pena, su un individuo che esiste solo nelle cifre cabalistiche della borsa, è nullo.
Habeas corpus, si, ma quale corpus?
Corpus consumisticus?
Detto questo, come si può pensare che il consumismo non sia il male del capitalismo?
Anche se la produzione viene finalizzata, cosa resta dell’anelito di ciascuno all’autodeterminazione?
Cosa vale un corpo se esso serve solo per impartire consumi?
Cambia qualcosa se questi consumi sono giusti o ingiusti?
Non è piuttosto il consumismo una forma di abbattimento dello spirito?
E cosa succederà quando questo consumo sarà ECOCOMPATIBILE?
Leggi l’ottava puntata de “Il Sessantotto da uno che c’era” su Internettuale.net
Tags: 68, gruppo del teatro, lotta di popolo, media, rivoluzione giovanile, sessantotto, spirito
10
apr
scritto in quasi una storia | No Comments »
ogni riferimento alle vicende di Sonny Graham e Terry Cottle è puramente intenzionale.
E’ morto ieri, ucciso a coltellate, il prof Aldrich B. Knight, medico e direttore di una delle prime équipe al mondo a sperimentare le tecniche di ricostruzione degli organi attraverso l’azione combinata di cellule staminali e nanopolimeri.
La polizia ha arrestato dopo poche ore l’autore dell’omicidio, Calvin Cordon, identificato subito attraverso i filmati delle videocamere a circuito chiuso della villa del dottore e portato d’urgenza all’ospedale, in preda ad un violento attacco di febbre. Gli inquirenti non hanno dubbi sull’identità dell’omicida: pare che l’uomo – in cura in una clinica del New England per i trattamenti anti-rigetto cui era costretto dopo un trapianto tradizionale di cuore – perseguitasse il medico da oltre dieci mesi.
Il prof. Knight aveva segnalato più volte alle autorità giudiziarie che Cordon pretendeva di vivere nella sua casa di Barringhtom, non lontana dal laboratorio sperimentale per i bioimpianti “Neoplast”.
Il laboratorio saltò all’onore delle cronache quando Knight vi effettuò il suo primo intervento di ricostruzione cardiaca totale (TCG – Total Cardiac Genesis) al paziente Arnold Bloom, nel 2025.
Da allora, per quindici anni, Bloom ha portato nel petto un cuore generato in provetta.
La tecnica staminale lo aveva salvato da morte certa: l’équipe medica condotta dal professore aveva realizzato una copia esatta del suo sistema cardiaco usando la nota tecnica della ricostruzione polimerica, che consiste nell’innestare un gruppo di cellule staminali su una rete di polimeri citodegradabili, che si lasciano sostituire dalle cellule staminali mano mano che esse si trasformano in muscolo.
Il cuore gli si era fermato alla fine del 2024 a causa di un lungo e spossante stato febbrile che aveva messo a dura prova il suo sistema cardiocircolatorio. Qualche settimana per la coltivazione in vitro delle staminali prelevate dal suo ombelico mentre il paziente era mantenuto in vita da un cuore artificiale ed oltre un anno di terapie dirette dal prof. Knight era stato il tempo necessario al recupero, ma anche il periodo in cui la moglie aveva iniziato una relazione con il celebre professore.
Da allora il divorzio ed una lunga crisi depressiva che avevano portato l’anno scorso A. Bloom al suicidio nella sua casa di Pataloona, nel News Mexico, fatto che venne riportato da tutti i mezzi di informazione in quanto Bloom dichiarava, primo al mondo, nel suo testamento biologico di voler donare tutti i suoi organi, compreso il cuore bioricostruito.
Tags: biogenetica, emozioni, Sonny Graham, suicide, suicidio, Terry Cottle, trapianto di cuore
7
apr
scritto in la facoltà di giudizio | No Comments »
« Si par hasard quelqu’un se recroit encore sur le prix, malgré le rabais causé par la Révolution, nous lui répondrions qu’il n’est pas défendu à un acheteur économe de marchander & que si certaines personnes ont eu ces dames à moins elles ont coûté à d’autre bien d’avantage… »
Insieme alle liste di proscrizione per il clero, come quella di tous les pretres trouvés en flagrant délit chez les filles publiques de Paris, la Rivoluzione Francese si impegnava infatti a fare pubblicità alla prostituzione, in base al principio che « sans la santé l’homme n’est rien ».
Ed i rivoluzionari manifestavano anche un certo gusto birichino, che riscontriamo oggi nelle divertenti indicazioni di Les bordels de Paris, avec les noms, demeures et prix : plan salubre et patriotique… dove si apprendono specialità e mansioni delle lavoratrici del sesso della Parigi del XVIII secolo.
Gavaudan, in rue neuve St. Eustache è difficile à émouvir mais une fois en train c’est un diable […], oppure si potrebbe optare per Dubuisson che conosce a memoria l’Aretino o per Buret, excellente pour le duo e proprietaria di un Joli bijoux, capace per giunta di veri o falsi gemissements [...] tout-à-fait plaisants. In particolare però ci è rimasta impressa la descrizione di Denise, rue de Lancy, che assecondando l’attitudine assembleista dell’uomo di partito « fait très-bien les assemblées », appunto, ma « lorsqu’elle danse ses tetons suivent un peu trop le mouvements de ses pieds ».
E certo ce ne sarebbe da dire ancora sulle attitudini rivoluzionarie in questo delicato settore igienico e fisiologico, ma la mostra sull’Enfer della Biblioteca Nazionale di Francia (ahimé, già prorogata e ri-terminata) proponeva ben altre e meno classificatorie suggestioni.
Soprattutto l’erotismo naif e stupefatto di Dominique Vivant Denon, archeologo che passò incolume dalla sovrintendenza regia a quella napoleonica guidando le scoperte (ed i latrocini) in Egitto e che gettò le basi di quello che oggi si chiama Musée du Louvre. Il nostro savant si dedicò infatti anche a disegnare delle Oeuvres priapiques: il fallo malato come un re che riceve i medici e poi il fallo fenomenale, come Gulliver adagiato in terra, enorme ed inerte.
E non potevano mancare anche suggestioni più recenti e di ben altra caratura artistica: la bocca della nota Kikì di Montparnasse che stringe il membro di Man Ray, il quale la fotografa in una visione distratta da abbinare alla poesia Automne di Aragorn, musicale elogio de La belle et la bite.
Un’acquaforte di Dalì fatta con la mano sinistra mentre con la destra si masturbava (è scritto a caratteri tremolanti nella stessa incisione e la critica giurerebbe che la macchia scura al centro sia lo sperma dell’artista) realizzata per l’edizione dell’Onan di Georges Hungnet.
Oppure il ruolo di Apollinaire nella diffusione della letteratura erotica e nella apertura dei cataloghi di questo “Enfer”, fondo erotico chiuso per anni alla consultazione e sotto la rigida tutela dei bibliotecari.
E gli organizzatori della mostra non si sono spaventati di mostrare anche gli esempi di una cultura tutt’altro che alta: si scopre così un film porno dei primi del ‘900 in cui c’è già tutto quello che possiamo vedere oggi in un threesome trovato in rete…
e poi si dice che la modernità…
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