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il sessantotto da uno che nOn c’era [V]

inviato nella categoria la facoltà di giudizio, the T.Blair which projects | 4 Comments »

Come per Marcuse, il fachiro nel sistema dominante, tutto viene inglobato e diventa dieta igienica.
Allora l’autodeterminazione dei popoli? Fa problema oppure è usata per condizionare l’opinione pubblica?
C’è il Tibet. C’è il Kosovo. C’è la Palestina.
Quale autodeterminazione dei popoli abbiamo scelto oggi nel ricco menu dell’informazione globale?
Il volume delle parole è più proporzionale alla quantità di morti o di abusi?
Ti ricordi di Yasser Arafat?
Ti ricordi dei muri di calcestruzzo?
Ti ricordi del Sessantotto?
segoneon - photorights artMobbing @ rk22.com
Eppure oggi suona ridicola la tavola rotonda del potere e le sue convergenze complottistiche fanno ridere.

[immagine bianconero di Peter Sellers che fa il saluto nazista. Stranamore?]

Già: non esiste alcun tavolo tondo delle decisioni. La tendenza è ben più terrificante: la tendenza è l’auto-omologazione che ha sostituito da un bel pezzo l’autodeterminazione.
E certo le interfacce e la semantica web ci stanno mettendo del loro.

Qualcuno obietta: ma hai già visto una pubblicità su internet che ti è veramente rimasta nel cerebro?
La risposta è chiaramente no. Ma la risposta è anche che internet usa mezzi di persuasione occulta, che il trucco è la facilità di accesso alle informazioni, le quali, proprio in virtù del fatto che sono scelte volontariamente dall’utente, sembrano meno mendaci degli altri media. Internet è la verità.
Ma siamo poi davvero sicuri che sia una verità meno mendace?

Se il linguaggio diventa lo stesso per tutti, ed essendo quella del linguaggio la dimensione stessa dell’esistenza umana, cosa sta accadendo alle nostre PERCEZIONI ora?
Cosa succede se nel cervello di un americano, di un europeo, di un giapponese, si attivano gli stessi circuiti e si vanno a toccare le stesse corde?

Il linguaggio produce senso: non dimentichiamo le pagine di Heidegger in cui si spiega in che modo la parola verità influenzi l’immagine mentale stessa che il greco antico ha della verità.
Nel mondo greco, ci dice il filosofo, la parola Aletheia, che suona come “verità”, vuol dire in realtà non-ascosità non-velato; di qui la verità come svelamento (Unverborgenheit).
Da un punto di vista linguistico è attraverso la parola verità, insomma, che il greco ne coglie l’essenza metafisica.

“[…] la metafisica non porta l’essere stesso al linguaggio, perché non pensa l’essere nella sua verità e la verità non come svelatezza, e la svelatezza non nella sua essenza. Nella metafisica, l’essenza della verità compare sempre e solo nella forma già derivata della verità della conoscenza e della asserzione. Eppure la svelatezza potrebbe essere qualcosa di più iniziale della verità nel senso della veritas. Aletheia potrebbe essere la parola che dà un’indicazione non ancora esperita sull’essenza impensata dell’essere. E se le cose stanno così, allora è chiaro che il pensiero della metafisica, che procede per rappresentazioni, non potrà mai raggiungere questa essenza della verità,[…]; si tratta di porre attenzione all’avvento dell’essenza ancora non detta della svelatezza in cui l’essere si è annunciato. Nel frattempo, alla metafisica, durante tutta la sua storia da Anassimandro a Nietzsche, resta nascosta la verità dell’essere. Perché la metafisica non ci pensa?” [ICM, pg. 321]

Nella grancassa del Web il complotto in realtà si concerta a solo. E’ una questione di semantica.

Anche il principio della parità – almeno virtuale – dei diritti di ogni uomo di fronte alla giustizia subisce nel sistema americano un pericoloso decalage: si verifica così lo scollamento del potere delle Corporation dall’interesse personale.
Il diritto americano non prevede alcuna condanna penale per i dirigenti delle corporation, ammettendo implicitamente che la corporation sia un organismo a sé, suscettibile di prendere decisioni autonome e di avere un comportamento che trascende da quello degli individui che lo compongono.
La corporation è insomma un individuo, ma viene da sé che il deterrente della pena, su un individuo che esiste solo nelle cifre cabalistiche della borsa, è nullo.
Habeas corpus, si, ma quale corpus?
Corpus consumisticus?

Detto questo, come si può pensare che il consumismo non sia il male del capitalismo?
Anche se la produzione viene finalizzata, cosa resta dell’anelito di ciascuno all’autodeterminazione?
Cosa vale un corpo se esso serve solo per impartire consumi?
Cambia qualcosa se questi consumi sono giusti o ingiusti?
Non è piuttosto il consumismo una forma di abbattimento dello spirito?
E cosa succederà quando questo consumo sarà ECOCOMPATIBILE?

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