Per farla finita col giudizio della luce (fine)
scritto martedì 17 luglio 2007 alle 01:28MANIFESTO ANTI-ILLUMINISTA
Pensiamo al ritratto del biologo Giuseppe Levi in “Lessico famigliare”: preparazione classica, attitudine al linguaggio, sensibilità poetica come doti perdute di una scienza oramai assoggettata al delirio tecnocratico.
Kant reagisce ad ogni possibile deriva dell’Illuminismo quando dice « Il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me ».
In un sistema monolitico come il suo, in cui la ragione illumina ogni angolo della Natura, essa capitola e riconosce i suoi limiti al di fuori del suo ambito specifico.
« Il y a dans le feu de vie, dans l’appétit de vie, dans l’impulsion irraisonnée à la vie, une espèce de méchanceté initiale : le désir d’Eros est une cruauté puisqu’il brûle des contingences ; la mort est cruauté, la résurrection est cruauté, la transfiguration est cruauté […].
Dans le monde manifesté […] le mal est la loi permanente et c’est qui est bien est un effort et déjà une cruauté surajoutée à l’autre.
Ne pas comprendre cela, c’est ne pas comprendre la les idées métaphysiques. »
(Antonin Artaud, Le théâtre et son double, Paris, 1964)
Complice la risacca del libero parlare telematico, sono sempre più frequenti i rigurgiti illuministici. Il che non stupisce, vista l’origine razionale, categorica, schematica della rete stessa.
E non stupisce del resto che questo Illuminismo (pressoché invariato dai tempi bui dell’Encyclopédie) intessa con la stessa arroganza di allora il pensiero di questo angolo di mondo che chiamiamo Occidente.